-- Perdono e salvezza --
Ez 18,25-28; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32;
-- (Sergio Bastianel SJ) --
 
Ai tempi di Ezechiele e in maniera simile ai tempi di Gesù e dopo di lui, per molti è difficile pensare che Dio perdoni veramente. La logica del confronto fa puntare il dito sui colpevoli: quelli hanno fatto del male (… e io no); quelli sono i peccatori; Dio non può dimenticarlo.  Ma non è la logica di Dio.
 
Già nel libro di Ezechiele i testi che esprimono la speranza in una nuova alleanza ricordano che tutto il popolo ha bisogno di essere perdonato e che Dio salva perché misericordioso.
 
Paolo ricorda l'incarnazione e la Pasqua di Gesù: Dio non ha tenuto le distanze, si è fatto prossimo nel Figlio che assume le condizioni degli uomini fino a subire l'efficacia del peccato con la propria morte. Per questa via siamo salvati.
 
Gesù ricorda ai capi dei Sacerdoti ed agli anziani che Giovanni è stato mandato a loro “sulla via della giustizia”, evocando il grande tema delle tradizioni veterotestamentarie circa la comunione con Dio che si attua nella fraternità della vita (e l’infedeltà all'alleanza che si consuma nell'ingiustizia). Voi non avete ascoltato Giovanni.
 
Eppure, tra quelli su cui voi puntate il dito, c'é chi lo ha ascoltato e si è convertito. Ci sono pubblicani e prostitute che hanno cambiato vita e sono con Dio. Voi siete rimasti fuori dal suo regno e continuate a giudicare. Avete avuto le possibilità, ma non avete voluto coglierle. 
 
Il figlio che ha detto di no poi è andato a lavorare nella vigna: questa è la sua condizione, è nella casa del padre ad operare con lui. Voi avete detto di sì,  ma non siete nella sua vigna a lavorare con lui, non vivete con lui, non credete in lui. 
 
 
 

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